Claudia Echinger-Maurach e Monica Bietti raccontano il “loro” Michelangelo 5 Gennaio 2024 – Edito in: Parola d'autore – Autore: redazione Mandragora
Intervista a Claudia Echinger-Maurach e Monica Bietti curatrici della monografia dedicata al fondamentale intervento di conservazione.
Nel dettagliato saggio di Claudia Echinger-Maurach viene approfondito il percorso di progettazione della Sagrestia Nuova, grazie ai disegni di Michelangelo. Questi ci rivelano proposte e ripensamenti in un percorso affascinante e tormentato. Sappiamo però che l’interesse di Michelangelo verso la Sagrestia si interruppe con la sua partenza per Roma nel 1534 senza più riprendere. Possiamo immaginare come sarebbe stata la Sagrestia Nuova se Michelangelo avesse continuato a lavorarci?
Michelangelo si preoccupava principalmente delle statue degli dei fluviali previsti sotto i sarcofagi, che voleva scolpire lui stesso per la loro particolare novità. Il modello conservato all’Accademia del Disegno – restaurato con grande maestria – è stato ricostruito digitalmente nella sua forma originale e poi stampato in 3D. Siamo riusciti a sistemarlo sul posto, sotto i sarcofagi, dove si adatta perfettamente. In un passo successivo ho rivolto la mia attenzione alle figure nelle nicchie accanto ai duchi Lorenzo e Giuliano, dove abbiamo un modello del maestro, raffigurante La Terra, realizzato per lo scultore Tribolo, per la figura nella nicchia sinistra accanto a Giuliano. In cima al cornicione forse bisogna immaginare i Trofei che ora si possono ammirare davanti all’ingresso della cappella. Davanti ai pannelli laterali avrebbero dovuto predominare ancora una volta la tristezza e il lamento, qui incarnati da piccole figure di ragazzi accovacciati, uno dei quali è ora conservato a San Pietroburgo. Non è chiaro se già lo stesso Michelangelo abbia rinunciato alla loro installazione. Ciò che per me è stato di grandissima importanza è stato poter presentare una ricostruzione parziale dell’architettura della parete di fronte all’altare che non fu mai realizzata. Altro focus dell’indagine è stata la questione che analizza in quale misura la Sagrestia Nuova sia stata progettata con dipinti o rilievi in stucco colorato. Sappiamo, infatti, che la Sagrestia Nuova ebbe la cupola decorata dagli stucchi di Giovanni da Udine immaginiamo con oro e colori vivaci, in uno stile che rivela il gusto di Clemente VII, che fece decorare dallo stesso artista e in modo simile Villa Madama. Inoltre, leggendo attentamente i documenti riccamente conservati, ho potuto rendere plausibile che per le lunette sopra le tombe fossero previsti grandi rilievi in stucco e non affreschi, forse anch’essi colorati. [C.E.-M.]
La scoperta più sensazionale che riguarda la Sagrestia Nuova è quella avvenuta nella seconda metà degli anni settanta, della cosiddetta “stanza segreta” e dei disegni di un Michelangelo sostenitore della Repubblica, nascosto dai Medici rientranti proprio sotto alla loro sagrestia. Che cosa aggiungono questi disegni al corpus e alla personalità di Michelangelo?
Ritengo che i disegni della “stanza segreta” siano un unicum molto importante che ci guida all’interno del processo di creazione e realizzazione delle opere. Oltretutto questi disegni ci forniscono spesso idee su opere non più conservate. È il caso di soggetti noti nella biografia dell’artista come il Fauno, eseguito nel Giardino di San Marco, la Leda per il duca di Ferrara, il Risorto forse per la Sagrestia Nuova. Ma anche per opere in quel momento in via di realizzazione, come il Duca Giuliano sempre per la Sagrestia Nuova; vi si trovano anche alcuni pensieri per la Sistina e idee per soggetti che poi riprese o abbandonò. I disegni sono fissati sul muro a dimensione reale, come su un taccuino in cui l’artista appunta la sua carriera e la sua vita, in un momento in cui non era certo che sarebbe durata. [M.B.]
Quasi cinque secoli ci separano dal momento in cui Michelangelo abbandona il lavoro alla Sagrestia Nuova. Il volume attraverso i tre saggi “storici” di Monica Bietti racconta le vicende della Sagrestia nei secoli. Come è sopravvissuto questo luogo al passare del tempo e ai rivolgimenti politici che Firenze ha attraversato?
Il valore del luogo e delle opere ivi contenute, riconosciuto storicamente fin dall’inizio, ha fatto sì che esso sia stato destinato sempre a molte attenzioni. Le fragilità che aveva mostrato da subito, ossia il problema delle infiltrazioni d’acqua dalla cupola e dalla lanterna, occuparono le attenzioni di tutti i vari responsabili che la politica aveva posto a tutela di questo luogo prestigioso. Dai Medici, ai Lorena, allo Stato italiano tutti hanno dovuto fare i conti con questo ancora irrisolto problema. L’attenzione degli artisti per l’architettura e le sculture, comprese le decorazioni architettoniche, è ampiamente documentata dal numero di copie eseguite dal Cinquecento al Novecento. Queste, se da un lato ebbero la capacità di diffondere l’opera di Michelangelo, dall’altro crearono problemi conservativi ai marmi a causa dei prodotti usati per eseguire i calchi. Con i Lorena si ebbe una disciplina delle modalità per realizzarli, poi precisata dalle norme sulle riproduzioni emanate dallo Stato. I passaggi dei domini politici non influenzarono in maniera negativa la storia del luogo che, anzi, fu interessato da restauri e interventi, spesso anche molto importanti, che lo portarono a divenire quello che oggi vediamo e che riusciamo a leggere – grazie a queste nuove ricerche – in una maniera più corretta. [M.B.]
Oltre al restauro, che si è avvalso di più metodologie tra cui quella innovativa dell’utilizzo dei microrganismi per la pulitura del sarcofago di Lorenzo duca di Urbino, particolarmente deturpato dai depositi legati alla sepoltura frettolosa del duca Alessandro nel 1537, il lungo lavoro di pulitura sui marmi a contatto ravvicinato con l’opera di Michelangelo ha permesso di osservare da vicino la sua tecnica di lavoro. Quali conferme o novità sulla tecnica sono emerse?
Questa parte dello studio ritengo sia una delle più interessanti per capire e conoscere Michelangelo. Dopo la pulitura sono emersi i segni della lavorazione e degli strumenti usati, chiarendo non poco la metodologia seguita. Molto era noto, ma molto non era stato capito in maniera corretta. Oggi lo si legge con facilità e credo che questo sia molto utile agli studi. Alcuni “ripensamenti” evidenziano quanto “pittorico” sia il modo di procedere di Michelangelo in scultura e quanta importanza abbia per lui lo studio della luce e delle ombre. [M.B.]
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