Tiziano a Venezia 15 Settembre 2023 – Edito in: Parola d'autore – Autore: Maria Cecilia Del Freo

Intervista a Roberta Battaglia, Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta, curatori e autori del catalogo “Tiziano 1508. Agli esordi di una luminosa carriera”.
Roberta Battaglia è vicedirettore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e curatrice della sezione della seconda metà Quattrocento e del Cinquecento delle collezioni museali; Sarah Ferrari è assegnista di ricerca (MSCA fellow) all’Università degli Studi di Padova; Antonio Mazzotta è docente di Storia dell’arte all’Università degli Studi di Milano.

Gallerie dell’Accademia di belle arti, Venezia.

Cominciamo dal titolo Tiziano 1508. Agli esordi di una luminosa carriera. Un titolo importante che viene, potremmo dire, completato e chiarito dal sottotitolo: in che rapporto sono questi due elementi e perché proprio il 1508?

Tentiamo, in questa mostra, di mettere alla prova la data 1508, da Giorgio Vasari assegnata a due opere straordinarie di Tiziano: l’Arcangelo Raffaele e Tobia delle Gallerie dell’Accademia e la grande stampa con il Trionfo di Cristo. Il 1508 è anche l’anno in cui sono state eseguite da Giorgione, e pressoché contemporaneamente da Tiziano ventenne, le decorazioni murali esterne del Fondaco dei Tedeschi. L’anno si verrebbe quindi a definire come un momento decisivo e seminale per il grande successo pubblico che Tiziano avrà nel corso della sua carriera. L’idea di creare una mostra-dossier intorno a quest’anno ha l’obiettivo di valorizzare le formidabili raccolte delle Gallerie dell’Accademia, ma anche di spiegare al pubblico che esistono momenti decisivi nella storia e nell’arte, dopo i quali il mondo cambia. Il 1508, a Venezia, ci sembra rappresentare pienamente uno di questi momenti.

Le ricerche condotte nei mesi antecedenti alla mostra hanno permesso di ipotizzare un viaggio ferrarese di Tiziano che trova un riconoscimento nell’Angelo con tamburello della Galleria Doria Pamphilj, esposto per la prima volta – come si inserisce questa possibilità all’interno del percorso artistico del cadorino?

La possibilità che Tiziano si sia recato a Ferrara da giovanissimo, prima dei soggiorni documentati del 1516 e del 1529, nasce dal presupposto che sia di mano di Tiziano l’Angelo della Galleria Doria Pamphilj, così affine stilisticamente all’Arcangelo Raffaele e Tobia delle Gallerie dell’Accademia. Questo è di certo un frammento di una pala, smembrata a inizio Seicento, che stava nell’antica chiesa di Santa Maria dei Servi a Ferrara. Sembra necessario un suo soggiorno perché grazie alla proposta di ricostruzione, che annovera tra i frammenti anche parti evidentemente di Nicolò Pisano, si potrebbe dire che Tiziano abbia ritoccato una pala già fatta in loco dal pittore documentato nella Ferrara di quegli anni.

Nel suo intervento all’interno del volume a un certo punto si sofferma sull’elemento del clipeo, evidenziando come esso sia prova inconfutabile dell’importanza che storicamente, nella fenomenologia esecutiva dell’Altare di San Giovanni, ha rivestito l’attenzione al dettaglio. Da qui due domande interconnesse – che valore ha il particolare nel suo lavoro da un punto di vista retrospettivo e investigativo (ovvero per risalire alla storia di un’opera)? Come avviene e cosa comporta il dialogo tra il particolare e la visione d’insieme – cosa si guadagna, cosa si perde?

I minuscoli clipei (cioè gli elementi rotondi con testine all’interno) presenti su tutta la galleria che corre sui tre lati dell’Altare, sono soltanto uno degli aspetti che rivelano l’attenzione al dettaglio, anche laddove la finitura degli elementi più piccoli era destinata a scomparire nella visione generale di questa gigantesca “oreficeria”. Il particolare, come accade nelle opere che hanno a monte una concezione grandiosa, è funzionale alla visione d’insieme, al cui prezioso aspetto contribuisce in maniera suggestiva, ma rivela nello stesso tempo che la visione d’insieme non può prescindere dai dettagli.

Infine, quale “Tiziano” conoscerà il visitatore attraverso la mostra e il catalogo?

Un Tiziano non ancora ventenne meno visto e meno noto, che sta a monte della sua prima opera documentata rappresentata dai Miracoli di sant’Antonio affrescati nella Scuola del Santo di Padova (1511) ma che già dimostra la sua straordinaria capacità di assimilare stimoli diversi e di comporli in un linguaggio armonioso e di intonazione classica che si lascia alle spalle la civiltà prospettica quattrocentesca. Vi si trovano annunciati molti aspetti che saranno caratteristici della sua produzione matura: l’interesse per il paesaggio e per l’esplorazione del mondo naturale, la capacità di cogliere l’energia vitale che sprigiona dalle figure, il loro espandersi nello spazio con ampi piani di colore, l’abilità nell’ utilizzare il mezzo grafico impiegando medium diversi in relazione alla funzione del disegno.

I curatori Roberta Battaglia, Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta alla presentazione del volume.

I curatori Roberta Battaglia, Sarah Ferrari e Antonio Mazzotta alla presentazione del volume.

Dal catalogo