Empoli 1424. Masolino e gli albori del Rinascimento 5 Aprile 2024 – Edito in: Parola d'autore – Autore: redazione Mandragora

Intervista agli ideatori e curatori della mostra dedicata a Masolino di Panicale: Silvia De Luca, Andrea De Marchi, Francesco Suppa.

Da dove nasce il progetto della mostra?

Il progetto nasce dalla volontà di celebrare il seicentesimo anniversario della documentata presenza di Masolino da Panicale a Empoli, che il 2 novembre 1424 viene pagato dai confratelli della Compagnia della Croce per aver affrescato le Storie della vera Croce sulle pareti della loro cappella nella chiesa agostiniana di Santo Stefano. Oltre a rappresentare un evento cruciale per la storia artistica e culturale della città, la data è uno dei pochi riferimenti sicuri per ricostruire il percorso del pittore valdarnese, che negli stessi mesi intraprendeva la decorazione della cappella Brancacci nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, dove sarà affiancato da Masaccio: un’impresa che avrebbe condizionato per sempre la storia dell’arte italiana. La celebrazione dell’anniversario è motivata inoltre anche da una serie di studi, ricerche e pubblicazioni dedicati alla storia dell’arte a Empoli nei secoli XIV e XV su cui si è fondato il progetto scientifico della mostra, che intende anche presentare al grande pubblico, in un quadro vasto e aggiornato, gli importanti risultati scientifici raggiunti dalla ricerca in questi anni.

Come è stato allestito il percorso espositivo in relazione ai luoghi scelti, il Museo della Collegiata di Sant’Andrea e la chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani?

Il percorso espositivo è stato progettato per valorizzare la principale sede storica e permanente delle opere d’arte conservate a Empoli, il Museo della Collegiata di Sant’Andrea, e l’altro grande polo artistico della città, la chiesa di Santo Stefano, per la quale all’inizio del XV secolo lavorarono alcuni pittori del calibro di Gherardo Starnina, Lorenzo Monaco, oltre allo stesso Masolino. In occasione della mostra, abbiamo scelto di riportare in via eccezionale tra le mura di Santo Stefano i dipinti realizzati per il complesso agostiniano, come il trittico di Lorenzo Monaco e Francesco d’Antonio destinato all’altar maggiore della cappella di sagrestia, o i frammenti del ciclo di affreschi di Gherardo Starnina in origine nella cappella della Santissima Nunziata. Nella chiesa di Santo Stefano, inoltre, sarà possibile ammirare la Pietà di Masolino in dialogo con un nutrito gruppo di opere dello stesso autore.
La scelta di dipanare il percorso espositivo tra due sedi rispecchia più in generale la volontà di comunicare al visitatore il profondo e inscindibile legame tra il museo, i monumenti come Santo Stefano e le opere in essi custoditi, al fine di restituire una narrazione storica complessa, stratificata e intimamente connessa anche a tutte le testimonianze artistiche presenti al di fuori della mostra.

L’allestimento della mostra, foto di Andrea De Marchi

L’allestimento della mostra, foto di Andrea De Marchi

Com’era il contesto artistico empolese nel Quattrocento e quali altri artisti vi operavano?

A Empoli l’avvio del XV secolo coincise con una fioritura artistica straordinaria che si giustifica alla luce delle importanti imprese decorative condotte non solo in Collegiata (allora appena riedificata) o in Santo Stefano, ancora in costruzione, ma anche in altre chiese del territorio, come San Donnino o San Martino a Pontorme. Se da un lato la committenza locale continuò ad avvalersi di pittori di stampo tradizionalista, come Niccolò di Pietro Gerini, Lorenzo di Bicci e suo figlio Bicci di Lorenzo, personalità di spicco del panorama culturale e religioso della città, come il frate agostiniano Michele di Bardo da Empoli, riuscirono a coinvolgere alcuni dei massimi interpreti della stagione tardogotica attivi in quegli stessi anni a Firenze e non solo: pittori come Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina, prima ancora di Masolino, e poi scultori come Francesco di Valdambrino, e addirittura un antesignano del Rinascimento come Donatello. Accanto a loro si muove una schiera di artisti presi in bilico tra la smodata eleganza del gotico internazionale e le nuove istanze rinascimentali, come Francesco d’Antonio e Giovanni Toscani, la cui produzione testimonia questa lunga, controversa e multiforme fase di transizione verso un linguaggio pienamente moderno.

Quali sono i tratti distintivi delle opere di Masolino, nella fase di transizione tra la corrente tardogotica e i nuovi modi più concreti e misurati di concepire la figurazione?

Le opere di Masolino si distinguono per uno stile estremamente elegante e raffinato, che riflette le esperienze maturate dal pittore a Firenze a cavallo tra il XIV e il XV secolo, quando avvenne la sua prima formazione, ma forse anche altrove, nelle corti dell’Italia settentrionale o all’estero, dove probabilmente egli si recò già nel secondo decennio del Quattrocento. La sua arte dialoga con le novità del gotico internazionale introdotte a Firenze da Gherardo Starnina dopo il suo lungo soggiorno in Spagna, e da Lorenzo Ghiberti, del quale Masolino fu probabilmente collaboratore nel cantiere della Porta Nord del Battistero di Firenze. A ciò si aggiunse la profonda impressione esercitata da Gentile da Fabriano, a Firenze già a partire dal 1420, che si traduce in una grande sensibilità di ricchezza materica e di elaborati procedimenti tecnici. Solo durante gli anni della collaborazione con Masaccio, Masolino manifesterà un nuovo interesse verso i volumi e la plasticità dei corpi, come dimostra la Pietà dipinta a Empoli.
La sua pittura tenera ed eterea, caratterizzata da una gamma cromatica delicata e al tempo stesso ricercata, segna una strada alternativa alla sintesi plastica e spaziale di Masaccio, rappresenta il riferimento imprescindibile per pittori come Paolo Schiavo o il Maestro del 1419, e arriverà a condizionare anche gli sviluppi dell’arte di Beato Angelico.

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